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Art. 640. Truffa
Capo II - Dei delitti contro il patrimonio mediante frode

                                                                                             CAPO II

                                                                 DEI DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO

                                                                                 MEDIANTE FRODE

Art. 640. Truffa. Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila (euro 51) a due milioni (euro 1.032).

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila (euro 309) a tre milioni (euro 1.549).

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità;

2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5) (1).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravante.

(1) Numero aggiunto dall’art. 3, co. 28, L. 15 luglio 2009, n. 94.

Procedura: 1) per il delitto semplice si procede a querela di parte (336 c.p.p.); si procede d’ufficio (50 c.p.p.) se ricorre una qualsiasi circostanza aggravante comune o specifica (è molto discutibile se la procedibilità d’ufficio scatta anche quando ricorre soltanto la recidiva). Fra l’altro, si procede d’ufficio se il fatto è commesso in danno di una persona  portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale (vedi l’art. 36, L. 5 febbraio 1992, n. 104, riportato in nota al presente Titolo XIII); 2) l’arresto è facoltativo (381 co. 2 c.p.p.); 3) il fermo non è consentito; 4) la competenza è del Tribunale monocratico.

Si riporta il testo del comma 811, L. 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dal D.L. 13 settembre 2012, n. 158,

«811. - Qualora il farmacista titolare di farmacia privata o direttore di una farmacia gestita da una società di farmacisti ai sensi dell’articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362,  e successive modificazioni, sia condannato con sentenza passata in giudicato, per il reato di truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale, l’autorità competente può dichiarare la decadenza dall’autorizzazione all’esercizio della farmacia, anche in mancanza delle condizioni previste dall’articolo 113, primo comma, lettera e), del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. La decadenza è comunque dichiarata quando la sentenza abbia accertato un danno superiore a 50.000 euro, anche  nell’ipotesi di mancata costituzione in giudizio della parte civile. L’autorizzazione sanitaria all’esercizio della farmacia, in caso di condanna con sentenza di primo grado per i fatti disciplinati dal presente comma, non può essere trasferita per atto tra vivi fino alla conclusione del procedimento penale a seguito di sentenza definitiva».