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Art. 314. Presupposti e modalità della decisione
Capo VIII - Riparazione per l'ingiusta detenzione

                                                                                                 CAPO VIII 

                                                                          RIPARAZIONE PER L'INGIUSTA

                                                                                        DETENZIONE

Art. 314. Presupposti e modalità della decisione.

1. Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile poché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge  come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave.

2. Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli  articoli 273 e 280. 

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione ovvero  sentenza di non luogo a procedere.

4. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo.

5. Quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice, il diritto alla riparazione è altresì escluso per quella parte di custodia cautelare sofferta prima della abrogazione medesima.

L’art. 314 c.p.p. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 18 luglio 1996, n 310 nella parte in cui non prevede il diritto all’equa  riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione.

La Corte costituzionale, con sentenza 24 marzo-2 aprile 1999, n. 109 ha dichiarato:

- l’illegittimità costituzionale dell’articolo 314, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non avere commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la detenzione subita a causa di arresto in flagranza o di fermo indiziato di delitto, entro gli stessi limiti stabiliti per la custodia cautelare;

- l’illegittimità costituzionale dell’articolo 314, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che lo stesso diritto nei medesimi limiti spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto ad arresto in flagranza o a fermo di indiziato di delitto quando, con decisione irrevocabile,  siano risultate insussistenti le condizioni per la convalida.

Ancora la Corte costituzionale, con sentenza 11 - 20 giugno 2008, n. 219, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 314 c.p.p., nella parte in cui, nell’ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso il diritto all’equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, secondo quanto precisato in motivazione.

Si riporta il testo dei commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 3-bis, D.L. 22 dicembre 2011, n. 211, conv., con modif., dalla L. 17 febbraio 2012, n. 9 (recante «Interventi urgenti per il contrasto  della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri»):

    «Art. 3-bis. Norme in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione.

     1. Le disposizioni dell’articolo 314 del codice di procedura penale si applicano anche ai procedimenti definiti anteriormente alla data di entrata in vigore del medesimo codice,  con sentenza passata in giudicato dal 1° luglio 1988.

    2. Ai fini di cui al comma 1, il termine per la proposizione della domanda di riparazione è di sei mesi e decorre dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del  presente decreto. La domanda di riparazione resta impregiudicata dall’eventuale precedente rigetto che sia stato determinato dalla inammissibilità della stessa in ragione della definizione del procedimento in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale vigente.

    3. Il diritto alla riparazione di cui al comma 1 non è comunque trasmissibile agli eredi.

    4. Ai fini della determinazione del risarcimento, per il periodo intercorrente tra il 1° luglio 1988 e la data di entrata in vigore del vigente codice di procedura penale, si applicano i commi 2 e 3 dell’articolo 315 del medesimo codice».