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Titolo III - Giudizio direttissimo

1 Secondo quanto dispone l’art. 12 bis D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (conv. con mod. nella L. 7 agosto 1992, n. 356) (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale...). «1.  Per i reati concernenti le armi e gli esplosivi, il pubblico ministero procede al giudizio direttissimo anche fuori dei casi previsti dagli articoli 449 e 566 del codice di procedura  penale, salvo che siano necessarie speciali indagini». Può ritenersi perciò che, per i reati in materia di armi, il giudizio direttissimo è tendenzialmente obbligatorio: deve cioè instaurarsi tale procedimento speciale tutte le volte in cui si versa in una situazione di evidenza probatoria che rende superflue specifiche attività di indagine e consente al  pubblico ministero di «pronosticare» una non particolare complessità della istruzione dibattimentale.

2 Salvo che siano necessarie speciali indagini, il giudizio direttissimo è imposto (anche fuori dei casi previsti dall’art. 449 c.p.p.) per i reati indicati all’art. 5 comma 1 D.L. 26 aprile 1993, n. 122 (conv. con modif. nella L. 25 giugno 1993, n. 205). Si tratta dei reati di violenza o di incitamento a commettere violenza (o atti di provocazione alla violenza) per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, nonché dei reati associativi in materia di discriminazione o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, nonché infine, di tutti i reati aggravati dalle sopradette finalità di discriminazione o violenza.