Art. 148. Infermità psichica sopravvenuta al condannato. Se, prima dell’esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l’esecuzione sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice, qualora ritenga che l’infermità sia tale da impedire l’esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa (1) e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune, se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto e non si tratti di delinquente o contravventore abituale o professionale, o di delinquente per tendenza (2) (3).
La disposizione precedente si applica anche nel caso in cui, per infermità psichica sopravvenuta, il condannato alla pena di morte deve essere ricoverato
in un manicomio giudiziario.
Il provvedimento di ricovero è revocato, e il condannato e sottoposto all’esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento.
(1) Con sentenza 19 giugno 1975, n. 146 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di tale articolo «nella parte in cui prevede che il giudice, nel
disporre il ricovero in manicomio giudiziario del condannato caduto in stato di infermità psichica durante l’esecuzione della pena restrittiva della libertà personale, ordini che la pena medesima sia sospesa»; nonché «nella parte in cui prevede che il giudice ordini la sospensione della pena anche nel caso in cui il condannato sia ricoverato in una casa di cura e di custodia ovvero in un manicomio comune».
(2) Questo comma è stato abrogato a seguito della soppressione della pena di morte. (V. art. 27 Cost., D.L.L. 10 agosto 1944, n. 224 e D.L. 22 gennaio
1948, n. 21).
(3) Per la sostituzione del termine «manicomio giudiziario» con il termine «ospedale psichiatrico giudiziario», si fa rinvio all’art. 62 della L. 26 luglio
1975, n. 354.