Logo del Laurus Robuffo

Art. 266. Istigazione di militari a disobbedire alle leggi

Art. 266.  Istigazione di militari a disobbedire alle leggi.  Chiunque istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato ovvero fa a militari l’apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri
doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni (1).

La pena è della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso pubblicamente.

Le pene sono aumentate se il fatto è commesso in tempo di guerra.

Agli effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso:

1) col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;

2) in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;

3) in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata.

(1) La Corte costituzionale ha dichiarato, con sentenza 21 marzo 1989, n. 139 l’illegittimità costituzionale di tale articolo nella parte in cui non prevede che per l’istigazione di militari a commettere un reato militare la pena sia «sempre applicata in misura inferiore alla metà della pena stabilita per il reato al quale si riferisce l’istigazione».

Procedura: 1) si procede d’ufficio (50 c.p.p.); 2) arresto in flagranza: 1° comma non consentito, 2° comma facoltativo (art. 381 c.p.p.). Il fermo è  consentito solo nell’ipotesi del terzo comma in relazione al secondo (384 c.p.p.); 3) competente è il Tribunale monocratico.