Logo del Laurus Robuffo

Art. 87

Art. 87. - Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.

Può inviare messaggi alle Camere.

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Indice il «referendum» popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.

Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

Presiede il Consiglio superiore della magistratura.

Può concedere grazia e commutare le pene (1).

Conferisce le onorificenze della Repubblica.

 

1) La Corte cost., con sentenza 3 - 18 maggio 2006,n. 200, accogliendo il ricorso con il quale il Presidente della Repubblica aveva promosso conflitto di

attribuzione nei confronti del Ministro della giustizia «in relazione al rifiuto, da questi opposto, di dare corso alla determinazione, da parte del Presidente
della Repubblica, di concedere la grazia ad Ovidio Bompressi», ha dichiarato «che non spettava al Ministro della giustizia di impedire la prosecuzione del procedimento volto alla adozione della determinazione del Presidente della Repubblica relativa alla concessione della grazia ad Ovidio Bompressi»

Nelle motivazioni alla citata sentenza, la Corte osserva, fra l’altro, che:

«Se il Guardasigilli formula la “proposta” motivata di grazia e predispone lo schema del provvedimento mostra ovviamente con ciò di ritenere sussistenti
i presupposti, sia di legittimità che di merito, per la concessione dell’atto di clemenza.

Spetterà, poi, al Presidente della Repubblica valutare autonomamente la ricorrenza, sulla base dell’insieme degli elementi trasmessi dal Guardasigilli,
di quelle ragioni essenzialmente umanitarie che giustificano l’esercizio del potere in esame. In caso di valutazione positiva del Capo dello Stato seguirà la controfirma del decreto di grazia da parte del Ministro, che provvederà a curare anche gli adempimenti esecutivi.

Quanto, segnatamente, alla controfirma, pur necessaria per il completamento della fattispecie, è da rilevare - in via generale - come essa assuma un diverso valore a seconda del tipo di atto di cui rappresenta il completamento o, più esattamente, un requisito di validità. È chiaro, infatti, che alla controfirma va attribuito carattere sostanziale quando l’atto sottoposto alla firma del Capo dello Stato sia di tipo governativo e, dunque, espressione delle potestà che sono proprie dell’Esecutivo, mentre ad essa deve essere riconosciuto valore soltanto formale quando l’atto sia espressione di poteri propri
del Presidente della Repubblica, quali - ad esempio - quelli di inviare messaggi alle Camere, di nomina di senatori a vita o dei giudici costituzionali. A tali
atti deve essere equiparato quello di concessione della grazia, che solo al Capo dello Stato è riconosciuto dall’art. 87 della Costituzione.

Qualora, invece, il Ministro valuti negativamente i risultati della istruttoria effettuata e ritenga non sussistenti i necessari requisiti di legittimità e/o di
merito per la concessione della grazia, l’esito della procedura può conoscere talune varianti, dipendenti dalle peculiarità delle circostanze concrete.

Innanzitutto, come si è detto, può essere disposta l’archiviazione. Ma se il Capo dello Stato abbia, a seguito della comunicazione e/o conoscenza della
decisione di archiviazione, sollecitato, previa eventuale acquisizione di una apposita informativa orale o scritta (c.d. “relazione obiettiva”), il compimento
dell’attività istruttoria, il Ministro non ha il potere di impedire la prosecuzione del procedimento.

Qualora, invece, l’iniziativa sia direttamente presidenziale, il Capo dello Stato può chiedere al Ministro l’apertura della procedura di concessione della
grazia; anche in questo caso il Guardasigilli ha l’obbligo di iniziare e concludere la richiesta attività istruttoria, formulando la relativa proposta.

Nelle suddette ipotesi, un eventuale rifiuto da parte del Ministro precluderebbe, sostanzialmente, l’esercizio del potere di grazia, con conseguente menomazione di una attribuzione che la Costituzione conferisce – quanto alla determinazione finale – al Capo dello Stato.

In definitiva, qualora il Presidente della Repubblica abbia sollecitato il compimento dell’attività istruttoria ovvero abbia assunto direttamente l’iniziativa di
concedere la grazia, il Guardasigilli, non potendo rifiutarsi di dare corso all’istruttoria e di concluderla, determinando così un arresto procedimentale, può
soltanto rendere note al Capo dello Stato le ragioni di legittimità o di merito che, a suo parere, si oppongono alla concessione del provvedimento.

Ammettere che il Ministro possa o rifiutarsi di compiere la necessaria istruttoria o tenere comunque un comportamento inerte, equivarrebbe ad affermare
che egli disponga di un inammissibile potere inibitorio, una sorta di potere di veto, in ordine alla conclusione del procedimento volto all’adozione del decreto di concessione della grazia voluto dal Capo dello Stato.

Il Presidente della Repubblica, dal canto suo, nella delineata ipotesi in cui il Ministro Guardasigilli gli abbia fatto pervenire le sue motivate valutazioni
contrarie all’adozione dell’atto di clemenza, ove non le condivida, adotta direttamente il decreto concessorio, esternando nell’atto le ragioni per le quali ritiene di dovere concedere ugualmente la grazia, malgrado il dissenso espresso dal Ministro.

Ciò significa che, a fronte della determinazione presidenziale favorevole alla adozione dell’atto di clemenza, la controfirma del decreto concessorio,
da parte del Ministro della giustizia, costituisce l’atto con il quale il Ministro si limita ad attestare la completezza e la regolarità dell’istruttoria e del
procedimento seguito.

Da ciò consegue anche che l’assunzione della responsabilità politica e giuridica del Ministro controfirmante, a norma dell’art. 89 della Costituzione,
trova il suo naturale limite nel livello di partecipazione del medesimo al procedimento di concessione dell’atto di clemenza».