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Art. 517. Vendita di prodotti industriali con segni mendaci

Art. 517. Vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali con nomi, marchi e segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro (1).

(1) Le originarie parole “fino a un anno o” sono state così sostituite dall’art. 15, L. 23 luglio 2009,n. 99.

L’importo della multa è stato così elevato dall’art.1, comma 10, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., dalla L.14 maggio 2005, n. 80.

La competenza è del Tribunale monocratico.

Si riporta il comma 7 dell’art. 1, D.L. n. 35/2005 cit., che ha previsto una nuova figura di illecito amministrativo:

«7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro l’acquisto o l’accettazione, senza averne  prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. La sanzione di cui al presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza  averne prima accertata la legittima provenienza. In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al presente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70».

Ai sensi del comma 49 dell’art. 4, L. 24 dicembre 2003, n, 350, le pene previste dal presente articolo si applicano anche nei casi di importazione ed esportazione a fini di commercializzazione ovvero alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza.

Si riportano i commi 49, 49-bis, 49-ter e 49-quater, dell’art. 4, L. n. 350/2003 cit. e succ. modif. (modificato prima dall’art. 16, D.L. 25 settembre 2009, n.135, conv., con modif., dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 che ha introdotto anche i commi 49-bis e 49-ter ed infine dall’art. 6, L. 14 gennaio 2013, n.9):

«49. L’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato ed è punita ai sensi dell’articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura “made in Italy” su prodotti e merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis, ovvero l’uso di marchi di aziende italiane su  prodotti o merci non originari dell’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine senza l’indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l’immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l’asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle  figure o di quant’altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull’origine o sulla provenienza di prodotti o  merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l’esatta indicazione dell’origine o l’asportazione della stampigliatura “made in Italy”. Le false e le fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono comunque essere regolarizzate quando i prodotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica.

49-bis. Costituisce fallace indicazione l’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull’origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua  cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.

49-ter. È sempre disposta la confisca amministrativa del prodotto o della merce di cui al comma 49 -bis, salvo che le indicazioni ivi previste siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell’illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il  consumatore.

49-quater. Fatto salvo quanto disposto dal comma 49-ter e fatte salve le sanzioni di cui all’articolo 16,comma 4, del decreto-legge 25 settembre 2009, n.135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, la fallace indicazione nell’uso del marchio, di cui al comma 49-bis, è punita, quando abbia per oggetto oli di oliva vergini, ai sensi dell’articolo 517 del codice penale.»

Si riportano i commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 16, D.L.25 settembre 2009, n. 135, conv., con modif., dallaL. 20 novembre 2009, n. 166:

«Art. 16. Made in Italy e prodotti interamente italiani.1. Si intende realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classifi cabile come made in Italy ai sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano.

2. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, per le politiche europee e per la semplificazione normativa, possono essere definite le modalità di applicazione del comma 1.

3. Ai fini dell’applicazione del comma 4, per uso dell’indicazione di vendita o del marchio si intende la utilizzazione a fini di comunicazione commerciale ovvero l’apposizione degli stessi sul prodotto o sulla confezione di vendita o sulla merce dalla presentazione in dogana per l’immissione in consumo o in libera pratica e fino alla vendita al dettaglio.

4. Chiunque fa uso di un’indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano», in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione  interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, è punito, ferme restando le diverse sanzioni applicabili sulla base della normativa vigente, con le pene previste dall’articolo 517 del codice penale,  aumentate di un terzo».