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Art. 385. Evasione
Capo II - Dei delitti contro l'autorità delle decisioni giudiziarie

                                                                              CAPO II

                                                        DEI DELITTI CONTRO L'AUTORITÀ

                                                          DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE

Sulla possibilità - o sul divieto - di prelievo di campioni biologici, finalizzato all’inserimento del profilo del DNA nella banca dati nazionale del DNA, da soggetti arrestati, detenuti o internati etc. per i reati previsti dal presente Capo, vedi l’art. 9, L. 30 giugno 2009, n. 85.

 

Art. 385. Evasione. Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato evade, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

La pena è della reclusione da due a cinque anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante  effrazione; ed è da tre a sei anni se la violenza o minaccia è commessa con armi o da più persone riunite.

Le disposizioni precedenti si applicano anche all’imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel  provvedimento se ne allontani, nonché al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale.

Quando l’evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena è diminuita.

I commi 1 e 2 sono stati così modificati (nelle pene previste) dall’art. 2, L. 26 novembre 2010, n.199.

Per l’alterazione del funzionamento dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone condannate o sottoposte a misura cautelare, vedi nota sub art. 275 bis c.p.p. Procedura: 1) si procede d’ufficio (50 c.p.p.); 2) l’arresto è consentito anche al di fuori della flagranza essendo in ogni caso necessario risottoporre il reo alla misura restrittiva preesistente. Il fermo non è consentito. La competenza è del Tribunale monocratico.